sabato 6 febbraio 2010

Siamo campioni del parlare quando non è necessario e dello stare zitti quando invece dovremmo parlare.

Partendo dalla verità che la vita è breve ( e lo dico senza amarezza ma con un profondo senso di necessità), è naturale e sano pensare che non vada sprecato neppure un attimo della nostra esistenza. E' vero che per certe cose serve del tempo, una crescita che non può essere immediata, ma non si può giustificare così il temporeggiare, il lasciar passare le ore, l'attesa schizofrenica di un domani migliore. La passività avvelena quell'unica occasione che abbiamo oggi, e andare a dormire per rendersi conto di aver sprecato un giorno intero è orribile.

Questa è la teoria, e tutti sappiamo come sia difficile renderla pratica.

Ieri ho passato il giorno a girare su me stessa come un gatto impazzito colto da un improvviso bisogno di mordicchiare la propria coda.

Cercare di fare una cosa, fallire, cercare di farne un'altra, fallire ancora...salvarsi uscendo sotto la pioggia a comprare una ricarica per il cellulare.
Ma non si può stare così!



La fiacca e la stanchezza sono problemi oggettivi, ma si può, si deve combatterli.
Riprendere possesso di sè stessi è l'unica cosa che ci può dare il sapore delle piccole cose.
Quindi, ora mi metto a scrivere un articolo sul jazz.
Poi vado a correre.



E non avrò mai più paura ad andare da sola, non mi darà fastidio essere lasciata fuori casa; mi dispiacerà che non abbiate saputo cogliere il vento che viene da est, ma in fondo ho sempre un pappagallo parlante con cui fare quattro chiacchiere (nel mio particolare caso potrei legare Pablo al manico del mio ombrellino con le giraffe).

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