martedì 28 febbraio 2012

memo di Londra

- We are sorry to announce that the captain just got killed.
E' quello che mi convinco di aver sentito alla partenza del volo da Barcelona.
Ryanair. Cercano di venderci di tutto, ormai lo sappiamo: -Oggi, offerta speciale, mia nonna a solo 10.99 euro.
Ormai li ho cambiati in pounds, peccato.
Chris, te lo devo dire un'altra volta, non mettermi mai in mano una tessera che mi garantisce la libera consumazione. Lo dico per me, per te, per tutti.
Finisce così, che gli uomini d'affari mi offrono lo champagne (come dire di no), ti imbarazzo di fronte alla sicurezza delle discoteche, ti creo un cocktail seduta stante (blob), si torna a casa alle 4 dopo un kebab al "King of Felafel", in Camden Town.
Camminiamo per tre giorni consecutivi, oh, Francesca, con che ritmo, contando in mezzo qualche notte scapestrata a Camden Lock ("Don't dare touch my ass"), una Jacked Potato, stradine a Covent Garden.
Con il passare del tempo gli incroci si rivelano con i loro nomi ed il mio cervello ne registra la posizione, la infila in una mappa mentale piena di colori, la allinea con Piccadilly Circus, la triangola con il prezzo della metropolitana e con il tramontare del sole sui palazzi di Regent Street.
Tornare a piedi a casa, di notte, sbagliare, infilare le dita sugli orari dei bus, fermare un magnifico mezzo rosso a due piani e salire fino sopra, e dall'alto guardare (un po' ammirate, un po sperdute) gli angoli di una periferia inglese.
Cheesecake.
"Hey girls, do you smoke?" "no." "Good girls."
Tutti ci squadrano per il semplice fatto di indossare una giacca: è ancora inverno, non ve ne siete accorti?
Muoviamo la mano sull'asse salutando come la regina (che non si è degnata di offrirci un the).
E' lunedì.
10 ore di viaggio da Victoria Station fino alla doccia di c/del Notariat 11, Barcelona.
Ora ho buttato tutti i vestiti in lavatrice.
E' andata.
Imponente Londra, città che ho sognato senza conoscere, ci siamo strette la mano con un sorriso.
Torneremo ad incontrarci, stanne certa.

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